La salvaguardia della natura nelle nuove costituzioni andine: declinazioni, tutele e partecipazione popolare

Rosa Iannaccone

Abstract


Questo saggio si propone svolgere alcune riflessioni sull’integrazione degli smart contracts nel sistema giuridico italiano, traendo ispirazione dall’esperienza straniera e dimostrando che lo sviluppo di nuove tipologie di conclusione ed esecuzione del contratto sia in grado di mettere in luce la forza delle categorie tradizionali del diritto civile e non le loro fragilità.

Gli smart contracts, teorizzati per la prima volta nel 1994 da Nick Szabo, possono tradurre

operazioni contrattuali in protocolli informatici che si auto-eseguono mediante algoritmi. Lo smart contract, dunque, è uno strumento che si inserisce nell’ambito del più ampio fenomeno delle operazioni economiche automatizzate, informatizzate o algoritmiche, in cui i contraenti perdono in tutto o in parte la signoria di cui tradizionalmente godono sulla gestione dello scambio. Il più ampio utilizzo di smart contracts si rinviene nei settori bancario, finanziario e assicurativo.

L’utilizzo dello smart contract garantisce che al verificarsi di determinate condizioni corrisponda un certo risultato, ossia l’esecuzione automatica di una determinata prestazione, secondo lo schema if this, then that.

Gli smart contracts vengono non di rado associati alla blockchain, nonostante i primi possano operare a prescindere della seconda. Tuttavia, è innegabile che la sinergia tra queste due tecnologie innovative sia idonea a stimolare nuove opportunità sul piano degli scambi commerciali. Infatti, tale combinazione offre diversi vantaggi per le transazioni, quali: sicurezza; trasparenza; rapidità degli scambi ed economicità degli stessi, essendo elisi i costi di stipula del contratto e quelli legati all’intervento di terzi; immutabilità unilaterale; prevedibilità e quasi certezza dell’esecuzione. La questione principale su cui verte il dibattito dottrinale è quella relativa alla natura giuridica degli smart contracts. In particolare, ci si domanda se questi possano integrare la figura del contratto tradizionale e, in caso affermativo, si pongono alcune problematiche relative alla disciplina applicabile. Il primo riconoscimento normativo degli smart contract, nel nostro ordinamento, è avvenuto con l’art. 8-ter del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135. La lettura combinata della disciplina generale sul contratto prevista all’interno del Codice civile e dell’art. 8-ter, comma 2 non rende agevole stabilire quale sia il rapporto che intercorre fra l’accordo delle parti e il protocollo che lo codifica. Pertanto, per proporre una soluzione ai quesiti suddetti è apparso utile condurre un’analisi comparatistica mediante un confronto con il sistema giuridico statunitense, in quanto diversi Stati federati hanno conferito rilevanza giuridica allo smart contract, equiparandolo al contratto tradizionale.

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