La blockchain e lo smart contract nei diritti nazionali e sovranazionali: una prospettiva di diritto comparato.

Maryna Vahabava

Abstract


La blockchain viene intesa come la tecnologia delle transazioni sicure, affidabili, decentralizzate, inamovibili, trasparenti e condivise. Dette transazioni sono basate su processi che legano i sistemi distribuiti o Distributed Ledger Technology (DLT) alla crittografia avanzata e alla teoria dei giochi, potendo assumere la forma di smart contract. Il legame tra la nuova tecnologia e i contratti è di grande interesse, dato che risponde all’esigenza di automatizzare alcune fasi della contrattazione o, addirittura, l’intero regolamento contrattuale ivi inclusa la fase della conclusione dell’accordo.

Gli smart contract non vanno confusi con i “contratti intelligenti”, né tanto meno con i contratti tradizionalmente intesi. Occorre distinguere tra smart contract e smart legal contract, laddove solo quest’ultimi producono effetti giuridici vincolanti per un determinato ordinamento giuridico. È possibile analizzare l’istituto sia a livello giuridico che informatico, a seconda della finalità posta. Tale dualismo impone una maggiore attenzione dell’interprete, oltre che uno sforzo di coniugare le diverse visioni del fenomeno, che presuppone diversi approcci metodologici.

Per fornire una definizione, comprendere meglio il funzionamento e rispondere ai differenti interrogativi che pongono la blockchain e gli smart contract sembra imprescindibile ricorrere all’analisi comparatistica della legislazione dei diversi ordinamenti giuridici. Occorre considerare anche la transnazionalità del fenomeno che - secondo alcune ricostruzioni - impone una nuova Lex mercatoria globale di tipo tecnologico. In tale prospettiva si è tentato di indagare gli aspetti salienti dell’evoluzione degli smart contract in blockchain in Italia, previlegiando la comparazione con varie esperienze affini o particolarmente rilevanti di regolamentazione rispetto al modello nazionale.

Nell’ambito dell’Unione Europea si debbono considerare i principi comuni elaborati dal Parlamento e della Commissione Europea che rappresentano la base delle legislazioni nazionali di alcuni Stati Membri, tra cui Italia e Malta. Tali esperienze rappresentano modelli specifici di approccio regolamentare europeo in tema di smart contract, dato che non tutti gli Stati UE si sono dotati di norme interne.

Con riferimento agli Stati Uniti d’America sono stati presi in considerazione gli interventi sia a livello federale che gli atti legislativi di alcuni singoli Stati come: New York, Vermont e Arizona. Tali esperienze rappresentano un modello autonomo di regolamentazione in tema di blockchain e smart contract appartenete alla common law americana, da contrapporre all’esperienza di alcuni Paesi dell’Unione Europea della tradizione di civil law.

Sono state tenute in considerazione le principali differenze dei modelli analizzati e, infine, si è fatto cenno dell’approccio adottato da Legislatori ed Autorità nazionali in Svizzera e nella Repubblica di San Marino. Entrambi gli ordinamenti pur non appartenendo all’Unione Europea, per ragioni di vicinanza geografica con l’Italia e appartenenza alle piccole giurisdizioni vista la comunanza sociale ed economica con il modello di riferimento, rappresentano utile ed interessante esperienza di regolamentazione degli smart contract in blockchain. L’analisi condotta ha portato a considerare la necessità di una standardizzazione di alcune clausole tipicamente utilizzate nello smart contract in blockchain.


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